Oggi, puntuale come il weekend, sono malata.
Tossicchio e sputacchio e rantolo e sgocciolo e tremo. Più un saltino in avanti del dente del giudizio di qua, una spintarella della gengiva di là, di tanto in tanto una capriola della cistifellea, il tutto nel mentre che i globuli bianchi combattono sul fronte occidentale.
In tutto questo cerco di consolarmi con le piccole gioie di quando si sta male, il mio letto con il piumone e l’ippopotamo di peluche da stritolare e tossirci dentro, un pomeriggio lento da far passare a ondate lunghe di pensieri stanchi e dormicchiati, un libro da incominciare, un altro da finire, le mie cose da scrivere, una tazza di the. Quando sto male mi riapproprio del rapporto con la mia casa, che all’improvviso è una tana calda da nascondercisi in fondo e non volerne proprio uscire. Neanche per una sigaretta o due passi in riva al mare, neanche per un minuto, neanche senza il bisogno di inventarsi una scusa per correre fuori e tornare la sera. Oppure la gioia di sentirsi troppo sfatti persino per essere di cattivo umore, avere i pensieri al rallentatore. E non riuscire a scovare il significato profondo di aver sognato di sciare su una pista da sci ma senza neve, vestita da sci ma con un caldo porco, con gli sci ma sci smontabili e progettati per andare anche nel deserto, e con uno sciatore alto bello e biondo che al posto di scaldarmi mi rinfrescava le mani soffiandoci sopra…