Ci sono pezzetti di idee belle da raccattare, disseminati e un po’ nascosti tra le pieghe di questa giornata delirio. Oggi l’orologio ha fatto tutto un giro prima che tornassi a casa. Con lo zaino della scuola, con i chilometri della giornata che scorrono giù per la schiena, le braccia, le gambe. Sono esausta e non ce la faccio più. Sono esausta e scrivere qui mi riposa, ma devo ancora studiare. Stasera Pascoli e Cicerone. Cicerone no, Cicerone non ce la posso fare. Cicerone l’unico modo per commentarlo è parlare d’altro, prendere la filosofia a pretesto per scrivere quanto è pericolosa una società che si affida all’impulso cieco, si dimentica di pensare e si lascia portare ovunque la si trascini. Così, per dirne una.
Sono esausta della Ragazza Greca, del Quintaginnasiale Timido che continua a non aprire la finestra di camera sua e ha una pagella disastrosa, dei pasti fuoripasto, dell’autobus, della città avanti indietro, e poi di nuovo avanti, e poi di nuovo indietro, gente, strade, vicoli, rumore.
Sono esausta, ma contenta, tutto sommato.
Perché, come dicevo, ci sono giornate, come oggi, che in mezzo al delirio spuntano i pensieri nuovi come i fiori di primavera. Giornate in cui si sente un sacco di energia che ci gira dentro, anche se poi alla fine si disperde. Come i sette chakra, come la voce che non sapevo di avere e che ho scoperto oggi a casa della mia nuova meravigliosa maestra di canto. E dice, lei, che è proprio tutta questione di ascoltare il proprio corpo, i punti di equilibrio, che si canta con la pancia e nella pancia ci sta Muladhara, l’energia dell’amore. Che ti devi concentrare un sacco per sentire dove va a risuonare la voce dentro, e la prima cosa, per cantare bene, è saper respirare e sciogliere tutte le tensioni dei muscoli, trovare il punto in cui si scaricano, imparare a dosare il peso sui piedi e il diaframma che spinge e quando torna indietro esce la voce come le onde del mare. Che la voce non è mai in gola, casomai te la devi sentire in faccia, dietro il naso, tra il palato e gli zigomi. E controllare tutto insieme è difficilissimo, con la mia schiena tutta tesa e il mio corpo tutto storto cresciuto a strappi, a cibo cattivo e stanchezza e posture sbagliate. Devo ripensare al mio rapporto con lui, riabituarmi all’idea che esista un giusto mezzo tra riempirmi di paranoie e lasciarmi crescere selvatica e incriccata dalle cattive abitudini. Che potrei stare un sacco meglio di così, e senza chissà che sforzo, e senza per questo essere meno indipendente, meno diversa dai luoghi comuni dell’essere donna, meno me stessa. Che ci sarebbe da ripensare l’idea stessa di rapporto con il proprio corpo e che forse l’emancipazione si raggiunge anche un po’ così, quando ciò che fa stare bene coincide con ciò che è bello fare, in sé e non in rapporto a qualcos’altro. Questa tra l’altro è la mia tesina della maturità, forse, ma questa è un’altra storia, e adesso è tardi e gli occhi si chiudono, e i libri sul tavolo, e Myricae a quest’ora è tutto cielo stellato e rane nei prati, beate loro. Buonanotte.